Tutte le recensioni di V.Nunziata

« Quello che rimane indiscutibilmente il miglior film nel genere "fuga dal campo di prigionia": lungo quasi tre ore, ma sempre piacevole e avvincente a ogni nuova visione. La star di punta era Steve McQueen, ma in realtà è un gioco di squadra tra ottimi attori di diversa provenienza: da una parte gli inglesi - più teatrali e professionisti (Attemborough su tutti), dall'altra gli americani (vedasi James Garner)- più spontanei e affabili. »

« Film inglese del 1970 che richiama il più famoso "La grande fuga" di qualche anno prima, ma con un innovativo rovesciamento di ruoli: a tentare la fuga da un campo di prigionia in Scozia sono, infatti, un gruppo di soldati tedeschi, guidati da un giovane capitano impersonato da Helmut Griem. Interessante anche il bilinguismo del film: i tedeschi parlano infatti - una volta tanto - nella loro lingua (con sottotitoli). »

« Un film sulle donne, un film di donne con un cast solo femminile e diretto da un regista omosessuale specializzato in film per donne: il risultato porta il povero spettatore (o spettatrice) ad odiare quasi l'intero sesso femminile, che apparentemente passa l'intera giornata in saloni di bellezza a sparlare di tutto e di tutti. Parata di star della M-G-M, prime su tutte Norma Shearer, nella parte della moglie tradita, e Joan Crawford in quella a lei ben più consona di arrampicatrice sociale rovina-famiglie. »

« Pur non essendo molto amato da Fritz Lang, che lo considerava solo un lavoro su commissione, "Il covo dei contrabbandieri" è forse uno dei suoi migliori film dell'ultimo periodo e sicuramente uno dei meno conosciuti. Un racconto di formazione che parte come incubo infantile e si trasforma in una fiaba avventurosa. Da vedere anche per Stewart Granger, avventuriero con ancora una coscienza, e George Sanders, la sua controparte ormai degradata. »

« Il film che fece conoscere Fritz Lang sia in Germania che all'estero, è una riflessione sull'ineluttabilità del destino, da cui il titolo italiano: quello originale è, invece, "Der mude Tod", ossia "La morte stanca", stanca di uccidere e che perciò vuole concedere una possibilità alla protagonista di salvare l'amato. Il film si articola in tre episodi ambientati in epoche differenti e racchiusi da una cornice che è di gran lunga la parte più rimarchevole nella sua atmosfera angosciante. Nel secondo episodio si può riconoscere Rudolph Klein-Rogge che diventerà di lì a poco il dottor Mabuse. »

« Un film che appartiene al genere operetta viennese che era la specialità di Ernst Lubitsch: purtroppo Wilder ha la mano più pesante e si perde nelle scenografie sontuose e nella ricostruzione storica impeccabile, ma che sa un po' di muffa. Bing Crosby almeno nella prima parte risulta simpatico, poi scivola nello stucchevole. »

« Un film per gli appassionati di teatro inglese, in particolare il teatro della Restaurazione, quando alle donne fu permesso per la prima volta di accedere al palcoscenico segnando la fine (o un nuovo inizio) di attori specializzati in ruoli femminili, come Kynaston (qui interpretato da Billy Crudup) che si vede soffiare il posto dalla propria costumista (Claire Danes). Come ogni film sul teatro che si rispetti, anche questo è sempre in bilico tra commedia e tragedia, dove la prima è fornita dall'irresistibile Carlo II di Rupert Everett. »

« Tratto da vari romanzi dello scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte, è un film che aspira (o meglio aspirava) ad essere una produzione di respiro internazionale, da cui anche la scelta di un attore americano come protagonista (un Viggo Mortensen pietrificato) . Purtroppo la trama sconnessa, i troppi personaggi introdotti dal nulla senza motivo, le scene di massa fatte con una cinquantina di comparse, rendono la visione pesante e leggermente soporifera. »

« Film poliziesco francese di alto costo con tre generazioni di star a confronto: il giovane e impulsivo Delon, l'inappuntabile e sommesso Ventura ed infine il patriarca indomito Gabin. Più vicino ad un film americano per il ritmo serrato e le ottime sequenze d'azione (come quella della fuga iniziale); peccato per il finale un po' debole. »

« Adattamento del 1975 del secondo romanzo di Raymond Chandler "Addio, mia amata" con il noto investigatore privato Philip Marlowe, qui interpretato da un ottimo Robert Mitchum che apporta al personaggio ironia e malinconia in ugual misura. In una parte secondaria c'è anche un giovane Sylvester Stallone; memorabile Charlotte Rampling nel ruolo di una dark lady "con uno sguardo che va dritto al portafoglio". »