« Piacevole racconto con un'ottima interpretazione da parte di un bellissimo Depp e un'affascinante Binoche. Gustose le scene nella cioccolateria e impeccabili i colori che rispecchiano l'evoluzione del racconto. »

« L'omino Charlot alle prese con il freddo, la neve, l'amore per Giorgia e la febbre dell'oro. Il balletto con i panini, la cena a base di scarpone (di liquirizia, con conseguenze intestinali devastanti poiché la scena è stata ripetuta più volte), il pollo immaginario, la capanna in bilico sul burrone (riprodotta genialmente in miniatura) rimarranno indimenticabilmente impresse nella storia del cinema. Un'altra volta mi ritrovo a scrivere: poesia pura. »

« Il film più dolce, tenero, commovente, umano che io abbia mai visto. Questo è il vero cinema: sentimenti sinceri, sensazioni vere che giungono nel cuore e nell'anima di ogni persona da quasi un secolo, rimanendo sempre nuove. Ogni fotogramma è prezioso, gentile, curato. L'abbraccio di Charlot con il suo piccolo, dopo il rapimento da parte del l'autorità per l'infanzia abbandonata, è un gesto reso in un modo indescrivibilmente vero. Nessuna parola può riuscire a rendere l'arte di questo film: dovrebbe essere incluso nei programmi scolastici delle scuole obbligatorie. »

« Non che m'aspettassi un grande film da Veronesi, ma almeno una visione leggermente più acuta e tagliente sarebbe stata gradita. L'unica scena divertente è nel trailer: il "Sì" della Buy e di Placido alla domanda del figlio "Sei milioni di italiani guardano il Grande Fratello? Siamo tutti dei coglioni?". Commedia noiosa e scialba. »

« Seppur interessante dal punto di vista del dibattito cinematografico del dopoguerra, soprattutto riguardo al contrasto critica-pubblico, la vicenda strappalacrime e manichea, la realtà "tagliata con l'accetta", la figura di Nazzari e della Sanson non riescono ad incontrare in mio gusto. Matarazzo su "l'Unità" nel 1955 si difendeva dagli attacchi della critica esaltando le sue storie semplici, il sentimentalismo, il fato avverso alla "povera gente" in cui il pubblico oppresso si riconosceva e cercava illusoria evasione in un lieto fine. Comprendo, ma non apprezzo. La critica degli anni '50, con tanti buoni propositi, ha fallito il suo compito: non è riuscita ad alzare il gusto del pubblico al livello del film d'arte. »

« La decadenza di Randy "The Ram" Robinson, i problemi di salute, la vecchiaia, la solitudine vengono rappresentati da Aronofsky con tocco originale e particolarmente vivo (e, con mio grande piacere, poco manicheo). Circolare è inevitabilmente la parabola: dal massimo splendore sul ring negli anni '80 fino all'ultimo combattimento, dopo le grandi delusioni e difficoltà della vita. Ottima interpretazione di Rourke, il cui personaggio è ispirato a Hulk Hogan, per la fama, e da Ultimate Warrior, per la vicenda e per l'aspetto. »